Primavere arabe, Medio Oriente e Mediterraneo

 

Le conseguenze della cosiddetta primavera araba ed i problemi mediorientali sui traffici marittimi, di merci e passeggeri, per il Mediterraneo, in particolare per i porti del Nord Adriatico consorziati nel NAPA, è stato il tema di un incontro organizzato dal Propeller Club Port of Venice, con una relazione del prof. Arduino Paniccia, esperto di economia internazionale e docente di studi strategici dell'Università di Trieste.

Il Mediterraneo costituisce un’ area tra le più interessate allo sviluppo dei traffici marittimi con direttrice verso l’ Africa, continente che conta un potenziale di 1 miliardo di persone verso cui l’ export attuale del nostro paese ammonta a meno del 2% del totale.

Traffici che, nella cosiddetta primavera araba , hanno rischiato una seria compromissione esendo stati coinvolti importanti passaggi sulle rotte commerciali mondiali, quali lo stretto di Hormuz, Suez, Aden e Gibilterra, e mentre si parlava delle varie rivoluzione dei gelsomini minor risalto è stato riservato a questa realtà della possibile chiusura di questi passaggi che ancora oggi sono in aree in cui sussistono conflitti o un’ incerta stabilità politica.

I paesi del Nord Africa, che costituiscono i “gates” d’ accesso mediterranei naturali, vedono un Marocco ancora stabile, l’ Algeria fondamentalista e meno affidabile, l’ Egitto ancora con problemi da risolvere, e la Libia che, dopo l’abbattimento del regime precedente, non ha ancora una situazione di pace e dove non é ancora chiara la prospettiva futura, pur rappresentando una realtà di maggior apertura verso l’ occidente rispetto ai sui confinanti.

Nel paese sono inoltre previsti importanti investimenti infrastrutturali statali non ancora avviati, si parla di 400 miliardi di dollari, che pare dovrebbero iniziare dal giugno prossimo e che vedranno interessate anche imprese italiane.

Su questi stati della sponda africana mediterranea premono i paesi dell’ area sottostante, costituiti da una serie di stati fallimentari, focolai di conflitti, vedi i recenti fatti in Mali, malgoverno, terrorismo o criminalità.

Un contesto in cui, purtroppo, dalla politica nostrana non giungono segnali d’ attenzione e manca l’ interesse verso quella che sarà l’ internazionalizzazione ed il futuro dei traffici nel Mediterraneo, un tempo definito “Mare Nostrum”, dove negli ultimi anni il nostro paese si è tenuto politicamente ai margini ma in cui può ancora svolgere una parte attiva, non gestibile da altri paesi dell’ UE ora che Spagna e Grecia sono alle prese con le proprie crisi interne.

L’ Italia è in grado di riempire uno spazio che non può essere lasciato a paesi non collocati sul Mediterraneo facendosi promotrice di modelli, scegliendo la strada da percorrere senza imposizioni o condizionamenti, indicando le  soluzioni per sviluppare nuove intese e progetti assieme all’ EU ed alle altre organizzazioni internazionali.

Un’ azione che il nostro paese, anche in attesa della prevista lieve ripresa a partire dal 2° semestre 2013, può svolgere tenendo conto dei trend previsti a livello globale, dove si profila una sempre più intensa entrata in campo dei cosiddetti BRIC, con nuove regole e rapporti di forza che si rifletteranno anche sui traffici che continueranno a spostare il loro baricentro da occidente verso oriente fino a circa il 2020.

Mentre nell’ area mediterranea, ad una perdurante situazione di conflittualità Medio Orientale, si andrà a sommare un aumento di tensioni e di conseguente instabilità politica, come dimostrano i recenti avvenimenti, con la necessità di trovare soluzioni sul piano politico globale in cui il nostro governo deve riprendersi quella sua posizione, ancora riconosciutagli a livello internazionale, che non può essergli disconosciuta.

Sul piano economico e commerciale, dove i nostri prodotti ancora vanno, abbiamo la necessità di una nuova reindustrializzazione, sia di prodotti che di visione, dove non possiamo competere con i prodotti “low-cost”, bensì puntando sulla gamma più alta e realizzando un riposizionamento dei marchi logorati e di un “Made in Italy” che ormai ha fatto il suo tempo e che dovrà essere aggiornato assieme ai metodi di comunicazione.

In questa analisi strategica politico-economica è stato evidenziato come lo scalo veneziano, con le nuove progettualità proposte dall’ Autorità Portuale e forte del suo hinterland, debba divenire il riferimento su cui giocare la partita dell’ Adriatico, rinverdendo anche antichi concetti in cui un’ unione di privati operi per ottimizzare la scelta di Venezia nei collegamenti verso l’ Africa, una rivisitazione, a livello Mediterraneo-Adriatico, di quello che in passato ha rappresentato la Lega Anseatica in cui ogni scalo concorra con le proprie specificità allo sviluppo di queste direttrici su cui, alcuni imprenditori veneziani, già stanno operando con successo.

mdp

La consegna del crest del Port of Venice al prof. Paniccia al termine dell' incontro


Primavera Araba

Intervento presidente Massimo Bernardo al meeting del 15 gennaio VTP con il prof. Arduino Paniccia

 

“La primavera araba e i problemi del M.O. Quale futuro per i traffici commerciali e crocieristici per i porti adriatici associati al NAPA”.

 

Nella comune accezione del termine, quando si parla di “Primavera” , si intende una stagione di rinascita ed è per questo che dalla cosiddetta “Primavera araba” potrebbero scaturire nuovi rapporti sociali, commerciali, finanziari ed economici in genere anche con il nostro Paese e quindi anche per l’interscambio internazionale che, fino ad oggi, ma solo, per citare un esempio, pone l’Italia quale primo partner commerciale della Libia.

Stessa situazione per quanto riguarda il Medio Oriente, vedi per esempio il Libano col porto di Beirut, la Siria con quelli di Tartous e Latakia , Israele   con Haifa e Ashdod e così via.

I paesi delle sponde sud ed est del Mediterraneo hanno mantenuto, in media, nel 2011, un tasso superiore al 4% con punte fino al 7,6% come è stato per la Turchia. Un trend di crescita questo che dovrebbe continuare anche nell’anno in corso. Si tratta di un mercato di oltre 600 milioni di consumatori che ha registrato un interscambio con i paesi dell’Unione europea nel 2011 un incremento del 12% per un valore di circa 320 miliardi di euro. La quota dell’Italia è di 60 miliardi di euro e rispetto al 2010 si è registrato nel 2011 un incremento di quasi l’8%. Tra le regioni italiane ,  la sola Lombardia con oltre 14 miliardi di euro nel 2011 rappresenta un quarto dell’intero interscambio nazionale.

 

Da una parte siamo dunque di fronte ad uno scenario in costante evoluzione dall’altra, in Europa, siamo impegnati in progetti comunitari, come le reti TEN ed in particolare il corridoio n.1 , il n. 5 e quello balcanico progettati per riequilibrare quel  flusso di traffici che sempre più interessa l’area mediterranea, quella occidentale ma , ancor più, quella orientale di questo mare nell’ormai necessaria razionalizzazione dei flussi tra il nord ed il sud Europa.

E’ In questo contesto che  si inserisce anche l’iniziativa transnazionale denominata NAPA che mira alla realizzazione di un vero e proprio range portuale del sud Europa nel quale si inserisce anche il progetto di porto offshsore voluto non solo dal presidente dell’Autorità Portuale di Venezia che con grande lungimiranza l’ha proposto ma dalla stessa Unione europea che in parte ne ha finanziato lo studio.

Allora viene subito da chiederci quale sarà la nuova geografia  dell’economia e, in particolare in quella del   trasporto nel Mediterraneo  tenendo anche conto della globalizzazione dei mercati , tradizionali ed emergenti che ne condizioneranno lo sviluppo senza dimenticare che, per esempio la Cina ha acquistato   terminal importanti come ad esempio   Pireo e Salonicco , quest’ultimo  per gestire i suoi commerci da e per l’Europa balcanica o, per fare un altro esempio la nascita di altri grandi hub nei porti del nord Africa  ?

 

Conseguentemente viene da chiederci ma i nostri porti, ed in particolare quelli adriatici saranno destinati a ruoli di mero cabotaggio e fideraggio oppure, in questo nuovo contesto economico potranno competere ospitando anche navi commerciali o crocieristiche di ultima generazione?

 E ancora, visto quanto oramai sta già succedendo nel campo delle cosiddette “economie di scala” sempre più necessarie ed applicate per la crisi economica in atto , quale sarà il futuro di tutti quei “transitari”  come  spedizionieri e agenti marittimi sempre meno coinvolti per il sempre più stretto rapporto tra compagnie di navigazione e terminalisti?

E poi, per concludere questo breve preludio ai  brillanti interventi dei nostri ospiti, come superare la guerra tra poveri, quella che, come si è recentemente visto in Assoporti , contraddistingue  i rapporti tra Autorità portuali dei due nostri mari agevolando intese trasversali come avvenuto tra Genova e Ravenna e in tempi passati tra Genova e Trieste  sempre a scapito di Venezia? Quale poi sarà il ruolo dei porti cosiddetti minori nel sistema alto adriatico, quelli di Monfalcone, Portonogaro, Chioggia, Portolevante?

Concludo, ovviamente, pensando al ruolo dell’International Propeller Club che, come tutti voi sapete, rappresenta proprio per le diverse appartenenze imprenditoriali, il vero catalizzatore del mondo dell’impresa nel vasto cluster dell’economia del  trasporto.

Ritengo che proprio da qui dovrebbe partire lo start up culturale, frutto dell’esperienza di chi vive   questa economia ponendosi ogni giorno a confronto diretto su questa nobile quanto  complessa frontiera, per dare indicazioni e strategie credibili e possibili costruendo un sempre più stretto dialogo    tra politica e mondo dell’impresa superando sterili campanilismi, esternazioni autoreferenziali o traguardi irraggiungibili, non in linea cioè con quanto la nuova globalizzazione impone a cominciare dal conoscere cultura ed indelebili postulati di vita dei nostri interlocutori siano essi libici, egiziani, libanesi, siriani, cinesi o indiani, solo per citarne alcuni.  

Questa dovrebbe essere la vera “primavera italiana” , da una parte un nuovo modo di fare impresa dall’altra l’apertura di una nuova armoniosa percorribile “rotta” per ridare credibilità e successo internazionale  al cosiddetto “Sistema Paese”.

Ciò che forse non sappiamo ancora è quale possa essere il ruolo dell’Italia e forse della stessa Europa rispetto a questo grande cambiamento epocale che sta interessando le sponde del Mediterraneo: “ la sensazione è – come ha spiegato Ilaria Vellani riferendosi  al 32° convegno Bachelet  concentrato sul tema Italia ed Europa nel nuovo contesto mediterraneo. Cooperazione e dialogo per lo sviluppo dei popoli nordafricani – che si sia una sorta di distrazione, di disinteresse, quasi una fatica a cogliere la portata di quanto sta accadendo se non in termini di guadagno e, comunque,  di interessi economici.